L'uomo sedeva nervoso e con lo sguardo vagava da un angolo all'altro del piccolo cubicolo poco illuminato.
"Fersennius Decominius, hai altro da aggiungere?"
"No... ho detto tutto..."
L'Inquisitore Varo si voltò verso il servitore che attendeva silenzioso nella penombra.
"Tigellus, leggi al diffamato la procedura".
Un ronzio di piccole ventole attirò per un istante l'attenzione dell'uomo seduto. Le sinapsi psicosaldate si surriscaldavano velocemente e dovevano essere costantemente tenute a temperatura accettabile per far rimanere operativi i servitori. Una lenta voce metallica iniziò a salmodiare.
"Si tortura l'accusato che vacilla nelle risposte, affermando ora una cosa, ora il contrario, ma sempre negando i capi d'accusa più importanti. Si presume in questo caso che l'accusato nasconda la verità e che, pungolato dagli interrogatori, si contraddica. Se negasse una volta, poi confessasse e si pentisse, non sarebbe considerato un “vacillante” ma come “eretico penitente” e verrebbe condannato."
Varo sorrise a Decominius inclinando leggermente la testa.
"Fersennius Decominius, hai altro da aggiungere?"
L'uomo fissava paralizzato la faccia benevola dell'Inquisitore.
"To... tortura? Mi torturate? Ma vi ho detto tutto quello che sapevo... vi imploro, Inquisitore, vi ho detto tutto quello che sapevo..."
"Con questa ultima affermazione dichiaro concluso l'interrogatorio".
Varo uscì dal cubicolo lasciando dietro di sé l'uomo implorante. L'enorme capride che attendeva immobile nel corridoio si mosse al cenno dell'Inquisitore ed entrò nel cubicolo chiudendo la porta alle sue spalle.
"Tigellus, il prossimo?"
"Verulio Meccedas, è accusato di copulare con effigi e feticci raffiguranti la progenie immonda. E' stato denunciato dalla donna con cui divide un loculo abitativo di terzo livello".
"Fai strada".
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