Il calidarium era deserto a quell’ora. I patrizi delle Scholae Bellorum preferivano arrivare in massa nella tarda serata, dopo gli allenamenti o lo studio, riempiendo le sale termali di schiamazzi e battute a sfondo sessuale. Rufo preferiva la solitudine del primo pomeriggio.
I tecnoservitori lo seguirono nello spogliatoio, tra i vapori, con il loro ronzio appena sopra la soglia uditiva. Si spogliò e fu inondato di unguenti vaporizzati misti ad essenze mentre il suo t-segretario personale, Kaiser, riponeva le armi e la divisa nelle nicchie apposite. Nell’acqua, una figura giaceva immobile con gli occhi chiusi, aveva la testa reclinata sul bordo di marmo della vasca e le braccia allargate, in una sorta di crocifissione beata. Rufo entrò nell’acqua lentamente e si avvicinò all’uomo.
“Quinto Saverio Cecina, credevamo fossi morto, abbiamo anche brindato alla tua memoria…”.
L’uomo rimase immobile, senza aprire gli occhi.
“Iuno Septimio Rufo, che ci fai così presto alle terme?”
Rufo sorrise e un tecnoservitore si bloccò alle loro spalle.
“A quest’ora le terme sono piacevoli, nel silenzio i pensieri possono liberarsi e il corpo…”
“Sempre filosofo eh? Dovresti concederti di più al divertimento, Rufo, la morte potrebbe coglierci in qualsiasi momento, anche qui a mollo.”
Rufo si spruzzò dell’acqua sul viso mentre il tecnoservitore, non avendo ricevuto ordini, sparì in una nicchia del muro.
“Sei tu che fai il filosofo, ora.”
Cecina s’immerse e ricomparve poco più in là.
“Quando hanno colpito il nostro Val, sono riuscito ad assicurarmi al mio posto. Gli alberi hanno frenato la caduta e me la sono cavata con una spalla indolenzita.”
“La squadra?”
“Ho perso Marco e Vareno colpiti dalla contraerea e Tullio nell’impatto. A terra abbiamo fatto appena in tempo a perimetrare prima che i pelleverde arrivassero. Erano parecchi e avanzavano facendosi ammazzare senza preoccuparsi, come fanno quando sono posseduti dal loro dio storto. Quando sembrava che volessero ritirarsi, è arrivato un dentesferis, un mercenario sicuramente, ha ucciso Vibio e Suterio con un’ascia grossa come un tavolo e mi si è avventato contro. Gli ho scaricato sulla faccia la mia 997 ma è riuscito a colpirmi prima che la testa vaporizzasse.”
“Non è arrivata nessuna squadra di recupero?”
“A leggere il rapporto ci hanno trovato i Nepesini del Quarantacinquesimo: io, Cassio minore, Pullo e il pilota, l’unico ancora reattivo al cento per cento, gli altri tutti morti.”
L’uomo s’immerse di nuovo e rimase sott’acqua per un paio di minuti, poi riuscì fuori sputando l’acqua calda con un lungo getto. Rufo lo fissava pensieroso.
“La missione, com’è andata?”
“Bene: ventisette Val su trentacinque sono arrivati sull’obiettivo e le difese antisbarco dei pelleverde sono state disattivate. A quest’ora le prime legioni dovrebbero aver già messo piede su Sentina XVII. Io mi farò un paio di settimane di ripristino organico, poi tornerò su Sentina.”
“Probabilmente ci rivedremo, sono stato assegnato a Sena Ultima, tra una settimana la mia decuria sarà operativa.”
L’uomo chiamò e un tecnoservitore comparve in un attimo, facendo cadere in acqua un’imbragatura. Cecina si assicurò e il t-servo lo issò fuori dalla vasca. Rufo vide che l’uomo era privo delle gambe e al posto dei genitali e dell’addome spiccavano i grovigli scuri degli impianti biorigeneranti per l’innesto di protesi. Cecina notò lo sguardo di Rufo e sorrise.
“Mi hanno promesso due gambe in polipolar e un uccello nuovo ad alta sensibilità, dicono che sia meglio di quello vero, staremo a vedere. Ad maiora, Rufo.”
“Ad maiora, Quinto Saverio Cecina.”
Rufo s’immerse e quando riemerse sputò un lungo getto d’acqua calda. Il saporaccio che sentiva in bocca rimase.
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