SOLI…
Il giorno era finito e l’incubo stava appena ricominciando. La notte era il loro momento preferito per attaccare le nostre postazioni. Ormai i campi innevati di “Asgard III” erano lordi di sangue e icore alieno ma noi resistevamo, perché era il nostro dovere, era il nostro stile di vita…anzi no… era la nostra vita.
Avevamo imparato a cibarci di loro, la carne, a detta dei nostri esperti, era molto proteica e nutriente; avrei mangiato anche la merda pur di sopravvivere e avrei lanciato anche i sassi pur di ucciderli. L’odore di xeno arrosto pervadeva tutta la trincea, dove ero di guardia con il mio fedele Requiem pesante puntato diritto verso una delle loro tane; il mio stomaco brontolava per la fame, il mio corpo tremava per il freddo ma era la mia mente a preoccuparmi maggiormente.
Avevo allucinazioni continue e credo di aver ucciso qualche mio compagno nella foga delle battaglie; purtroppo non vedevo solo viscidi xeno ma qualcos’altro di inspiegabile che mi terrorizzava da settimane o forse erano mesi? Nessuno se ne accorse e decisi di portare questo mio fardello nella tomba cercando di uccidere più bastardi possibile fino al giorno della mia morte.
All’improvviso sentii una voce proferire il mio nome, era fiera, squillante e autoritaria…praticamente inconfondibile. “Rico a rapporto!...Ora!” Era il Commissario Volkevich, e quando usava quel tono significava solo una cosa…guai!
Kolwalski e Soldato (lo chiamavamo così perché era orfano e lo trovarono avvolto in un’uniforme insanguinata dopo un raid di Eldar Oscuri su Belkan) erano già presenti in tenda e si stavano rollando una sigaretta. Il Commissario ci mostrò un piano di incursione per portare le blatte allo scoperto e disinfestare definitivamente il nido.
Bisognava portare delle cariche termiche all’imbocco di due uscite in modo da farle crollare e obbligare gli xeno ad uscire dove i nostri obici erano pronti a vomitare tonnellate di esplosivo. Purtroppo la mia unità era particolarmente brava in questi compiti e venivamo sempre presi in considerazione per questa merda…gran fregatura essere affidabili.
Il vero problema era che l’operazione doveva attuarsi di notte, quando “loro” erano a pieno regime e quindi innalzando vertiginosamente il rischio per le nostre inutili vite. Ci preparammo con l’equipaggiamento migliore che l’Imperium potesse fornire, gonfi di munizioni e testosterone eppure la mia mano non la smetteva di tremare e solo grazie a Soldato riuscii ad allacciarmi la fondina alla gamba.
Partimmo con un Taurox modello “Obscura”, un prototipo che aveva un dispositivo di occultamento silenzioso che funzionava una volta ogni tre ma che ci avrebbe permesso di arrivare senza essere visti. Kowalski azionò il motore e dal sottile sibilo capimmo che il dispositivo si era attivato correttamente. Fu incredibile passare attraverso le linee nemiche, a poche decine di metri da quelle mostruosità, senza essere visti e sentiti.
Arrivammo alla prima uscita e piazzai le cariche termiche e dopo aver collegato il detonatore corsi immediatamente dentro l’Obscura. L’adrenalina stava pompando il giusto e tutti noi eravamo consapevoli che potevamo farcela quando il motore si avviò e al posto del sibilo del dispositivo si senti il rumore di un 12 cilindri incazzato e pronto a rombare all’impazzata. Lo avevamo sentito noi e lo avevano sentito anche “loro”…il dispositivo non aveva funzionato questa volta.
Kowalski si posizionò ai comandi delle gatlings in torretta, io mi misi alla guida e gli altri si misero alle feritoie. Dovevamo arrivare alla seconda entrata a tutti i costi anche se questo avrebbe significato l’inevitabile morte di tutta la squadra. Guidai al limite delle capacità mie e del veicolo e riuscimmo a raggiungere l’obiettivo. Il semiasse era andato e i cingoli giravano a vuoto per le troppe carcasse di Gants che avevano schiacciato, sembrava di guidare sul bagnato; sbandai e facemmo un frontale addosso ad una parete rocciosa della tana.
Non so quanto rimanemmo dentro il Taurox ma fu il Commissario Volkevich a destarsi per primo cominciando a darci calci e pugni per farci rinsavire. “Stanno arrivando! Volete morire qui brutti stronzi? Fate saltare questa dannata paratia e portiamoci le cariche termiche!” Questo significava solo una cosa: non avremmo avuto bisogno di un detonatore a distanza.
Rimasi ferito nell’esplosione della paratia del Taurox a causa di una scheggia di acciaio nella coscia, ma potevo ancora camminare velocemente e svuotai tre caricatori prima di giungere sul punto dell’esplosione. Ci guardammo negli occhi e Volkevich annuì. Eravamo circondati e pronti a morire.
Premetti più volte il pulsante di detonazione ma non accadde nulla.
Una scarica elettrostatica pervase la zona intorno a noi, vidi ancora una volta quelle strane figure che avevano attanagliato la mia psiche da mesi, adesso in modo distinto, sembravano angeli o fantasmi, figure eteree intorno a noi che scomparvero all’improvviso. Fu un attimo e poi ci fu il silenzio, un lungo silenzio interrotto da Soldato “Ragazzi ma siamo morti?” qualcuno rise, altri piangevano per le ferite riportate. Volkevich si alzò da terra aiutando anche gli altri che si erano ritrovati chiappe a terra.
“Kowalski cosa dicono le strumentazioni? Dove cazzo siamo?” Volkevich era vistosamente preoccupato. Cominciammo tutti ad avere una brutta sensazione. Non faceva più freddo, non c’era più la neve, non c’erano più le blatte. Eravamo su un terreno duro, roccioso, color lavagna e intorno a noi solo una fitta nebbia.
“Signore, le strumentazioni sono morte, forse la scarica elettrostatica le ha messe fuori uso. Ad occhio e croce direi che non siamo più su Asgard III”
“Brillante deduzione Kowalski….brillante davvero” Rise amaramente Volkevich.
Dove eravamo? Era un territorio ostile? Dove erano finiti il nostro battaglione e le blatte? La sola certezza che avevamo era che……….ERAVAMO SOLI…
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