Cavalieri
di Titano su quel pianetucolo ai limiti dell’Impero!
Dopo quindici anni a guardia di uno dei sistemi più
insignificanti dei domini dell’Imperatore (che il suo Trono d’Oro lo mantenga
in eterno) l’élite dell’Adeptus Astartes era lì, in tutta l’arroganza delle sue
corazze argentate. Diffidava di quei superumani, freddi come i laghi di
idrogeno di Revan Minoris e totalmente privi di quei tormenti con cui l’animo
umano, fallace per natura, doveva combattere per l’intera esistenza. Scese dall’Arvus e li trovò schierati a poche
decine di metri dal veicolo. Immobili. Erano comandati da un justicar che si
era presentato come Reckart, un astartes la cui prima sensazione che gli aveva
trasmesso era di rispetto misto a diffidenza. In effetti tutti gli astartes,
nonostante le loro armature colorate e i vari orpelli con cui amavano ornarle,
emanavano sensazioni di fastidio e l’animo sospettoso per natura di Pessimus
amplificava la sgradevolezza che provava.
“Sono sorpreso che le lame più pure dell’Imperatore
abbiano trovato interessante questo desolato pezzo di impero. Negli ultimi
quindici anni l’infezione eretica è stata pressoché inesistente, in questi
luoghi. L’unica cosa che l’Inquisizione ritiene degna di interesse sono queste
rovine, non riconducibili comunque a nessuna delle civiltà umane, o delle
barbare culture xeno, che si sono susseguite nel corso dei millenni. Purtroppo,
oltre a questi muti sassi e a qualche rottame tecnologico non sono riuscito a
catalogare niente che possa interessare il Trono. Tutte le fonti energetiche
che ancora trasmettono sono deboli o malfunzionanti, probabilmente a causa di
campi inibitori ancora da rilevare e disconnettere”.
Reckart non si mosse.
“Inquisitore, nonostante l’enorme rispetto che provo
per l’Ordine Inquisitoriale non nascondo una certa diffidenza nei tuoi
confronti. Qualcosa di cui ignoro ancora l’origine e la modalità ha trasportato
me e i miei astartes in questo luogo per scoprire che anche i ripugnanti xeno
metallici, la genia di Necrontyr, è presente con le sue armate inanimate. La
tua presenza qui dovrebbe essere oggetto di un’indagine accurata ma al momento
la comunicazione intersistema risulta inattiva”.
Pessimus dissimulò il fastidio che quel tono
autoritario creava nella sua mente abituata al comando.
“Come ti dicevo, Mastro Reckart, il pianeta è sotto
l’influenza di una qualche inibizione alle trasmissioni. Io stesso non posso
comunicare con la mia nave, la Vipiennas, fintanto che rimango sul suolo di
Prime. L’unico modo che potrebbe, forse, sbloccare questa situazione è la
verifica del sito 334, una torre di segnalazioni pre-eresia, dove ultimamente
ho concentrato i miei sforzi. Purtroppo il sito è raggiungibile solo a piedi,
l’intrico di rovine rende difficoltoso l’atterraggio. Direi di organizzare
subito un sopralluogo”.
Reckart osservò il seguito di Pessimus avvicinarsi
lentamente all’inquisitore. Corgonianui in lorica segmantata modello OGRN 33, i
tre capridi crociati, Atro, Lache e Cloto, con i loro enormi scudi tempestus e
le loro lame energetiche, il lento servocapro Moobootoo armato di un cannone al
plasma di foggia revantina e i cinque acoliti, magri e ondeggianti, nelle loro
tuniche porpora.
“Andiamo”.
Il manipolo imperiale iniziò una lenta marcia tra le
rovine diretta all’edificio 334, un’alta torre che si intravvedeva tra
l’atmosfera giallastra che andava man mano scomparendo. L’altissima antenna che
svettava sul tetto penetrava voluttuosa tra le forme rotondeggianti degli
ammassi nuvolosi di quel cielo malato.
“Pessimus, durante la marcia io e i miei confratelli
intoneremo le litanie di viaggio. Se vuoi unirti a noi…”
“Con il cuore sopraffatto dal dispiacere temo di
dover rifiutare, Mastro Reckart, ho bisogno di monitorare costantemente la mia
squadra. Confido comunque in un’altra occasione”.
Pessimus disattivò il vox dell’armatura infastidito
dalla subdola richiesta del justicar. Mettere alla prova un inquisitore con
questi trucchi da eldar era tipico degli astartes, sempre ossessionati dal loro
credo monocorde e psicotico. Scavalcò un enorme blocco che un tempo era stata
una colonna abbandonandosi a visioni di punizioni e torture.
Dopo sedici ore di lenta marcia l’inquisitore
riattivò le trasmissioni.
“Madonna degli
Astartes ascolta ti invochiam,
concedi un
forte cuore a noi che ora partiam
la strada è
tanto lunga e il freddo già ci assal…
“Ci siamo. L’entrata della torre è dall’altra parte
della piazza”.
Le voci basse degli astartes si spensero lentamente,
all’unisono, e il tono infastidito di Reckart urtò i nervi di Pessimus in modo
furioso.
“Inquisitore, il maniloquio castrense impone di
preparare la sosta col gesto universalmente noto del pugno che si stringe.
Interrompere una sacra litania è quanto di più insultante si possa considerare
per la dottrina capitolare. Comunque accetteremo le tue scuse in futuro, ora
abbiamo qualcosa di più urgente da risolvere”.
Pessimus continuò a fissare l’enorme piazza.
“Mastro reckart, a bordo della mia nave saprò
sicuramente farmi perdonare questa infrazione all’etichetta capitolare. Il mio
buon senso consiglia invece di tenere d’occhio quelle strane presenze luminose
che stanno sciamando verso di noi”.
Una moltitudine di enormi costrutti simili a meduse
era comparso dal nulla e volteggiava in modo confuso davanti all’entrata
dell’edificio. Una versione molto più grossa e più minacciosa si dirigeva verso
di loro. Rapide sequenze di colpi energetici iniziò a prenderli di mira.
“Passo sul canale tattico, ci vediamo sul tetto”.
Pessimus attivò il malleus e si diresse verso
l’edificio.
“Corgo, copri la mia avanzata. Crociati, muro di
scudi. Moobootoo, fuoco a volontà. Ricolo copri il fianco destro.
I crociati sciamarono verso le meduse mentre l’ogre,
riparato dietro l’enorme scutum avanzava lento. I costrutti, rapidi e letali,
si avventarono contro i capridi sferzandoli con i loro tentacoli taglienti. Le
lame delle armi energetiche lampeggiavano rumorose al contatto dei campi di
energia che proteggevano quelle meduse aliene. Pessimus avanzò lento e si
accorse che Reckart aveva ingaggiato quella che doveva essere il loro
caposciame. Un forte colpo lo distolse dalla visione del justicar che parava e
colpiva il costrutto. Corgonianui aveva parato un colpo diretto a lui spaccando
lo scutum e rendendolo inservibile. Un’enorme bolla bluastra disintegrò diversi
costrutti aprendo un varco tra quelle schiere svolazzanti.
“Bravo Moobootoo, stasera doppia carota!”
Pessimus continuò ad avanzare roteando il malleus
fino ad arrivare all’entrata dell’edificio. Prima di entrare si voltò per
controllare la situazione. Lache era a terra, gli acoliti stavano ripiegando
veloci, inseguiti da una medusa che li tempestava di colpi, Corgonianui e Atro
menavano colpi in modo furioso circondati dai costrutti. Moobootoo scaricò un
altro globo di plasma che disintegrò altri nemici a pochi pasi da lui.
“Ricolo! Torna immediatamente indietro o farò
mangiare ai miei molossi quel poco di organico che ti rimane. Mooboo, fai
raffreddare il cannone…”
Moobootoo si accasciò a terra colpito dal ritorno di
fiamma della sua arma che era andata inevitabilmente in surriscaldamento. Gli
astartes, sul lato sinistro della piazza, continuavano a combattere con la loro
eleganza mortifera. Pessimus entrò e si diresse verso la scalinata che portava
all’atrium della torre.
“Dominus, cominciano a cadere. Ho visto che qualcuno
è entrato nell’edificio. Chiedo il permesso di disingaggiarmi per
raggiungerti”.
“Continua a fare il tuo lavoro, Corgo, e controlla
Ricolo, se dovesse ancora retrocedere smontagli la testa”.
Pessimus salì sulla piattaforma elevatrice e iniziò a
salire veloce verso la sommità. Quando uscì sul tetto trovò una medusa che
fluttuava a pochi passi dal parapetto. Appena si mosse, il costrutto alieno
iniziò a tormentarlo di colpi ma subito dopo esplose in una bolla di fuoco.
“Corgo, sono sul tetto. Rapporto”.
“Dominus, i costrutti sono stati distrutti, Lache è a
terra ma operativo, Moobootoo è in piedi e il cannone è ancora in discreto
stato, Ricolo è… ancora con noi”.
“Anche qui è tutto libero, un costrutto è esploso
prima che potessi fare qualcosa”.
“Sì, ho visto, un cavaliere ha deposto un proiettile
benedetto nella sua testa da quaggiù”.
Pessimus si avvicinò al trasmettitore e lo fissò
immobile. Nessuna tastiera, nessuna fessura, nessuna leva.
“Nel dubbio, eradica!”
Il malleus lo colpì riducendolo in schegge
arroventate. La voce del pilota dell’Arvus lo fece sorridere.
“Dominus, abbiamo ripristinato il collegamento con la
Vipiennas, ti metto in contatto col Comandante Ieromanlius”.
In quel momento Reckart lo raggiunse.
“Noi abbiamo finito, inquisitore, a che punto sei?”
“Ho ripristinato il collegamento con la mia nave.
Direi che si tratta solo di tempo, ora”.
Le due figure rimasero immobili una difronte
all’altra. Due statue di metallo e ceramite, una argentata e l’altra brunita.
Un’aria sporca e un sole malato completavano quel quadro che rappresentava
tutta la gloria dell’Imperatore. Pessimus si sentì stringere il cilicio e
abbandonò quei pensieri di potenza e vittoria.
“Sono il Comandante Ieromanlius, ordinate dominus”.
“Fate scendere un Falco da trasporto. Abbiamo bisogno
di un medicus, gruppi di manutenzione per le armature, ripristino di munizioni
e celle energetiche. Il tutto per me e la mia squadra e inoltre un gruppo di
ripristino completo per armi e armature astartes…”
“Astartes, dominus?”
“Hai capito benissimo, Ieromanlius. Astartes, e per
la precisione Cavalieri di Titano”.
“Comprendo, dominus, i tecnoservitori sono già
all’opera.”
Pessimus si voltò verso il justicar.
“Farò lasciare il gruppo di ripristino sulla piazza,
Mastro Reckart, troverà tutto quello che le occorre e… altro. Ora necessito di
tornare all’Arvus per fare rapporto al Collegio e per rileggere tutti gli
appunti degli ultimi anni. Ti trasmetterò una mappatura completa di tutto quello
che ho rilevato fino ad ora. Inclusi i miei studi sull’architettura del luogo e
tutto ciò che potrebbe aiutarti in una maggiore comprensione degli eventi
curiosi che stanno accadendo. Gloria all’Imperatore”.
Il justicar chinò leggermente il capo in segno di
saluto e osservò l’inquisitore dirigersi verso la piattaforma che lo avrebbe
riportato a terra. Pessimus aveva omesso solo una piccola cosa che, per ora, aveva
preferito tenere per sé. Quella non era una torre di trasmissione ma, a quanto
vedeva scritto ovunque nella lingua arcaica che aveva imparato a comprendere in
tutti quegli anni, una torre di ‘contenimento’. Aveva ripristinato le
trasmissioni ma aveva il sospetto che anche qualcos’altro avesse smesso di funzionare.
Forse l’inibitore serviva a celare qualcosa, più che ad impedire. Ebbe una
sensazione sgradevole che scacciò subito con la visione del suo calidarium e di
due corpi sinuosi che agitavano voluttuosamente le loro linguefruste.
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